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Giovedì, 20 Dicembre 2018 12:54

Sorella Bedoni: una medaglia d’oro per una storia semplice

Spesso si pensa che le medaglie vengano assegnate solo a chi è protagonista di atti eroici e leggendari. Ma non sempre è così. A volte il vero coraggio premiato è la costanza, la capacità di essere sempre presenti, di diventare un punto di riferimento, un porto sicuro, un appoggio incondizionato. 

È questa la storia, semplice e intensa, che è stata premiata con la medaglia d’oro a Sorella Rosangela Bedoni.  91 anni appena compiuti, donna decisa e determinata, ha investito il suo tempo, le sue forze e la sua vita nella Croce Rossa e nel Corpo delle Infermiere Volontarie a cui appartiene da metà del secolo scorso. In cambio la Croce Rossa è diventata per lei una vera e propria famiglia.

Cosa l’ha spinta a diventare una Crocerossina?
Devo dirlo onestamente, nessun sogno di gloria o vocazione. Ai miei tempi era uso che le ragazze, finito il liceo, si formassero come Crocerossine in attesa di iniziare l’università. Era una sorta di passaggio obbligato: eravamo moltissime, c’erano 50/60 aspiranti Crocerossine ad ogni corso e molte erano mie compagne di classe, mie amiche.
Io vengo da una famiglia tradizionale, dalla quale ho ricevuto un’educazione molto rigida. Rispettavamo l’ordine delle cose ed è forse proprio per questo che ho accettato con facilità l’etica e il decalogo delle Crocerossine.

Quando ha iniziato l’attività di Crocerossina è stata ispirata dai racconti degli atti eroici dei tempi di guerra?
Pur avendo letto dei  loro atti eroici, non sapevo esattamente a cosa andassi incontro decidendo di diventare una Crocerossina. Avevo sentito parlare del freddo della guerra, dei digiuni, dei cattivi equipaggiamenti, ma quando a 18 anni feci il corso (il diploma lo presi poi a 21 anni, che allora era la maggiore età) la guerra era finita, il mondo era cambiato. Io, unica figlia femmina di cinque, ero un spirito irrequieto, non riuscivo a stare ferma, avevo bisogno di fare cose.

Poi qualcosa è cambiato?
Il mio forte è sempre stato il rapporto con le persone. All’inizio non me ne rendevo conto, ma poi ho capito come il mio lavoro e i servizi che espletavo, potevano aiutare davvero qualcuno. Ho capito che la mia presenza poteva essere importante e utile per altri esseri umani.

In cosa era impegnata quando iniziò a fare la Crocerossina a Milano?
A quei tempi tutte le nuove Crocerossine iniziavano il proprio servizio in pediatria. Ma già dopo un anno, e dopo il corso di ferrista fatto alla Croce Rossa, la capogruppo mi mandò in sala operatoria, alla neurochirurgia del Policlinico, dove sono rimasta fino al 1960. Le prime volte in sala operatoria si veniva accompagnati da un’altra Sorella. Era un lavoro minuzioso e pesante, gli interventi erano lunghi, la mia famiglia non era d’accordo perché passavo molto tempo in sala operatoria. Ho continuato fino a quando il mio lavoro presso il laboratorio dell’ospedale mi ha costretto a cambiare abitudini, riuscivo a fare solo qualche servizio per la Croce Rossa. Quando ho smesso di lavorare al laboratorio Ho ripreso a pieno ritmo la mia attività di volontariato con Croce Rossa prima nel reparto di medicina d’urgenza del Policlinico e poi all’ambulatorio di via Pucci.

Poi la sua attività legata alla Croce Rossa è cambiata…
Sì, un giorno sono passata nell’ambulatorio di via Pucci, la capogruppo cercava persone e sono stata due ore, poi altre due, e poi… sono rimasta qui. Ho messo le radici come un albero di baobab. Il lavoro in ambulatorio è molto diverso da quello in ospedale, dove i malati sono costretti a letto. Con i pazienti dell’ambulatorio si instaura un rapporto che continua nel tempo, ci sono più sorrisi, io vedo volentieri le persone che frequentano l’ambulatorio.

In base alla sua lunga esperienza di Crocerossina quali sono le caratteristiche che deve avere una Infermiera Volontaria?
Una Crocerossina dovrebbe dimenticare chi è, ricordare per cosa è sul posto. Il suo lavoro è dare: non importa quanto sia piccolo a grande il bisogno da soddisfare. Ci vuole calma, molta pazienza e anche molta determinazione. In questi tempi in cui la dedizione è fuori moda, proprio la determinazione può aiutare a fare meglio il lavoro di Crocerossina.
Nei tempi passati c’era più rigidità nel nostro Corpo, un’etica inflessibile e se anche è vero che tante cose sono cambiate a causa dei tempi bisognerebbe sempre mantenere questa correttezza di comportamento davanti al paziente.

C’è un ricordo particolarmente impresso nella sua memoria del suo lavoro di Crocerossina?
Sì, e devo dire che non riguarda né il lavoro in ospedale né quello in ambulatorio. Durante il terremoto di Teora (Irpinia, 1980, n.d.r.) io ed alcune Sorelle eravamo sedute su una panchina poco lontana dal campo. Il medico ci chiamò perché c’era bisogno di sistemare i ferri. Ci siamo alzate e siamo entrate nella tenda, qualche minuto dopo si è sentito un forte boato: al posto della panchina c’era un’enorme voragine, il terremoto aveva colpito ancora, ma noi eravamo vive.

Lei ha raccontato che quando è entrata in Croce Rossa lo ha fatto con molte amiche. Col passare del tempo ne ha trovate altre di amiche tra le Sorelle?
Nel Corpo nascono molte amicizie ed è normale che si trovino persone con le quali si hanno affinità. Tra le Sorelle ho amiche di vecchissima data ma anche più recenti. Ho molte amiche anche con Sorelle più giovani, sento da parte loro molto affetto. Spesso mi considerano una maestra, ma io non mi ci sento. Sono felice però, che nonostante il mio temperamento deciso e senza compromessi  tante Sorelle mi stiano vicine. Per me il Corpo è anche una famiglia, un luogo dove ci sia ama e ci si sostiene.

Che sensazione le dà ricevere questa medaglia?
Non me l’aspettavo e di certo non la sentivo come dovuta. La considero una medaglia collettiva, simbolicamente consegnata a me, ma che rappresenta un riconoscimento all’attività di tutte le Sorelle del territorio di Milano.

 

L’idea di questa medaglia d’oro è nata all’ultimo concerto della Croce Rossa alla Scala di Milano. Quella sera l’Ispettrice Sorella Emilia Scarcella ha avuto l’opportunità di presentare Sorella Bedoni al Presidente Nazionale di Croce Rossa Italiana Francesco Rocca. Molto colpito dalla sua lunga storia di volontariato, dalla perseveranza e dalla dedizione dimostrata, ha deciso di conferirle la medaglia motu proprio con questa motivazione:

Da 70 anni, in veste di Infermiera Volontaria, mette a disposizione, con profondo spirito di abnegazione, la propria professionalità e dedizione nelle attività socio-assistenziali e sanitarie che la Croce Rossa Italiana svolge a favore della popolazione ed, in particolare dei  vulnerabili che usufruiscono dei servizi presso l'Ambulatorio del Comitato di Milano.
La sua opera volontaria e gratuita, oltre a rappresentare un esempio un radioso ed insostituibile per tutti i volontari dell'Associazione, evidenzia doti personali di elevatissima umanità e costituisce un solido riferimento ed una garanzia di rispetto e aderenza ai Principi Fondamentali del Movimento
”.

 

Sorella Bedoni
Sorella Bedoni
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